martedì 19 aprile 2011

Tutte le strade riportano a Mosca

FROM: Il Post
DATE: 08/04/2011
AUTHOR: Paolo Pantaleo

C’è un progetto di una grande arteria ferroviaria per collegare direttamente Tallin a Berlino, passando per i paesi baltici e la Polonia. Si chiama Rail Baltica, e dovrebbe spostare su ferrovia buona parte del trasporto merci fra il nord Europa e l’Europa centrale attualmente su strada. Se ne parla già dal 2004 e l’Unione Europea lo ha messo fra le sue priorità nella politica dei trasporti. In questi giorni il commissario UE ai trasporti Siim Kallas – infastidito dallo scarso interesse che sente per il progetto europeo – ha avvertito i paesi baltici che la Rail Baltica, senza una chiara volontà politica dei governi estone, lituano e lettone, rischia di saltare, e con esso i finanziamenti per oltre 12 miliardi di euro che l’Unione Europea è disposta a offrire. Ci sono alcuni aspetti difficili da risolvere, come la trasformazione dei binari a scartamento “russo” dei paesi baltici in binari a scartamento ridotto europeo, ma alla Rail Baltica è interessata anche la Finlandia, attraverso un collegamento navale con Tallin che renderebbe Helsinki a portata di treno da Berlino.

In questi ultimi anni di crisi economica sono proprio i paesi baltici ad aver perso interesse nel progetto, anche perché le sirene di Mosca hanno ricominciato a suonare irresistibili, almeno sul piano economico, in particolare su quello degli scambi commerciali. Solo sul tema dell’indipendenza energetica i paesi baltici, che attualmente dipendono quasi totalmente dal gas di Gazprom, tentano politiche di sganciamento, pur con diversa intensità. In un momento in cui di nucleare nessuno vuole più parlare, la Lituania ad esempio spinge forte sul suo progetto di centrale nucleare di Visaginas, sempre più debolmente sostenuta da Estonia e Lettonia, a cui la Russia risponde con i progetti di centrali nucleari di Kaliningrad e Astravets, quest’ultimo insieme alla Bielorussia.

Nei trasporti e negli scambi commerciali le relazioni russo-baltiche continuano a essere molto forti. Il tiepido interessamento per la Rail Baltica coincide infatti con il forte rilancio della Lettonia del progetto per i treni ad alta velocità fra Riga e Mosca, affiancato da un altro progetto per un’autostrada a quattro corsie che collegherebbe la capitale lettone a quella russa. Ne hanno parlato in questi giorni i due ministri dei trasporti, il russo Levitin e il lettone Augulis. In particolare all’interno della coalizione di governo lettone è il sindaco di Ventspils, Aivars Lembergs, uno degli ultimi e più potenti oligarchi del paese, che spinge verso il rafforzamento delle vie di comunicazione con Mosca, per fare di Ventspils, importante porto nel baltico occidentale, la porta privilegiata per gli scambi commerciali fra l’Europa del nord e centrale e la Russia.

I nodi politici che rendono problematici i rapporti fra i paesi baltici e la Russia sono ancora tanti (le minoranze russofone, la storia, un’innata diffidenza fra le due comunità) ma il potere del rublo, in tempi di crisi economica, continua ad avere un certo peso. Nel 2010 gli scambi fra Russia e Lettonia sono aumentati del 42 per cento, oltre 6 miliardi di dollari.

lunedì 18 aprile 2011

Sam, il manager ha sei anni

DATE: 05/04/2011
AUTHOR: n/a

Una grande passione per i treni e il desiderio di trasformare questo interesse in carriera già a sei anni. E' accaduto a Sam Pointon, un bambino inglese che a soli 6 anni, nel 2009, si era candidato per un posto da direttore del museo dei treni di York ricevendo un incarico da dirigente speciale. Il piccolo era venuto al corrente dell'imminente pensionamento del precedente direttore del National Railway Museum, Andrew Scott, e aveva inviato una tenera lettera di candidatura scritta a mano per rimpiazzarlo. La lettera deve aver commosso lo staff del museo che ha deciso di nominare il ragazzo "direttore del divertimento", una carica speciale creata solo per lui. Nella lettera Sam spiega: "Ho solo sei anni ma credo di poter fare questo lavoro". A distanza di diue anni il piccolo Sam è ancora in carica e, proprio in questi giorni, è stato richiamato dal museo per ispezionare i treni in vista delle feste pasquali.

domenica 17 aprile 2011

Viaggio sul treno dei disperati "Andiamo a Parigi, ce la faremo"

DATE: 04/04/2011
AUTHOR: Lello Parise

ORIA - Il treno dei desideri ha la sigla "Le" e un numero: 562059. Arriva alla stazione ferroviaria di Oria alle 16,54, puntualissimo. "È questo?" domanda Youssef. "Sì, questo è quello per Taranto. Andiamo?". Nello scalcagnato scalo di questa città del Brindisino lontana appena tre chilometri dalla tendopoli di Manduria, che da oggi ospiterà più di tremila migranti sbarcati da Lampedusa, ci sono otto ragazzi come Youssef. Hanno tra i 20 e i 27 anni, giubbotti, jeans, scarpe Adidas, niente bagagli, due dicono di chiamarsi Ahmed e altri due Kaled, ci sono anche Komi, Niza, Komel. E poi c'è Youssef, che di anni ne ha 24 e che diventa il portavoce del gruppo. Parlano tutti in francese, non conoscono l'italiano. Aspettano il treno sotto un cartello dell'Ue con la scritta: "L'Europa investe nel tuo futuro". Sembra un presagio.

"Abbiamo dormito per quattro giorni nel centro di accoglienza. Poi l'altra sera, abbiamo deciso di andare via. No, non abbiamo avuto problemi ad uscire dal campo. Ci siamo incamminati verso Oria e abbiamo raggiunto la stazione. Abbiamo dormito per strada. Sì, lo so, potevamo aspettare ancora e prendere il treno per Roma. Ma non possiamo rischiare di essere beccati, parte troppo tardi". Alle 21,49.

Il sole è alto, lungo il viale alberato che porta alla stazione spunta il muso di un'automobile della polizia, ma gli agenti non scendono per vedere chi c'è e chi non c'è sul binario 1, fanno un mezzo giro della piazza e vanno via. Youssef e gli altri fuggiaschi, tirano un respiro di sollievo. "Non si sono accorti di noi". Tre o quattro italiani che aspettano lo stesso treno, fanno finta di niente. Ed eccolo il convoglio "Le 562059". "Finalmente". Gli otto si sparpagliano in tutte le carrozze. Youssef insieme con Komel si accomodano all'interno di uno degli ultimi scompartimenti. "In questa maniera, cerchiamo di non essere notati". Sono per metà spaventati e per metà sorridenti. "Il viaggio non sarà breve". Pagano il biglietto. "Sì, abbiamo del denaro. Ma non ti diremo quanto abbiamo in tasca". Non ci si può fidare del primo venuto. "Komi, per esempio, sette anni fa ha vissuto in Francia. Quando Sarkozy è arrivato al potere ha cacciato dal Paese lui e tutti quelli come lui, clandestini. Vogliamo andare a Parigi, nessuno escluso. Io, proprio a Parigi, ho tre fratelli che lavorano. Che cosa farò? Il cameriere, il meccanico, qualsiasi cosa". Komel interrompe Youssef: "Il lavoro in Europa, è tutto. Io, un po' di tempo fa, sono partito per la Turchia, ma sono ritornato indietro. Dopo tre mesi, avevo guadagnato solo 300 dollari. Ma in Tunisia, io sono di Djerba, è peggio: 3 euro al giorno, non di più. Bisognava scappare, a qualsiasi costo".

Mezz'ora dopo le cinque del pomeriggio, il treno si ferma a Taranto. "Tutto bene, fino ad ora". Prossima tappa, Roma. Signori, si parte. "No, non so quando riusciremo ad arrivare a Ventimiglia. Se tutto andrà bene, da lì potremo proseguire per Nizza. Alla fine, Parigi". Il sorriso di Youssef, mentre dal finestrino scorrono i muretti a secco della campagna pugliese, all'improvviso si trasforma in una smorfia: "Mi dispiace che non sia qui con noi pure Walid, ha 28 anni, è più grande di me, ma siamo amici per la pelle. Ci siamo salutati al campo. Lui è rimasto perché ha bisogno di un permesso di soggiorno: vuole raggiungere la moglie in Germania, ma soprattutto vuole riabbracciare sua figlia, che ha otto mesi". Gli occhi di Youssef dipingono uno sguardo orgoglioso: "Dalla Francia vorrei rientrare in Tunisia con la mia carta. Sì, insomma, il documento che mi consentirà di non nascondermi come un topo. Voglio farla vedere a mia madre e a mio padre, per dimostrare che ce l'ho fatta. Ma è vero che a Ventimiglia non sarà facile passare la frontiera? I gendarmi non sono buoni. Però niente e nessuno potrà fermarci. Vedrai, ci riusciremo". Un treno dopo l'altro, col cuore in gola.