sabato 29 gennaio 2011

La Puglia in treno

DATE: 24/01/2011
AUTHOR: Paolo Merlini

"Che cosa servirebbe nel XXI secolo per rilanciare o promuovere il turismo in Puglia? Chiaro: una ferrovia, con relativi treni, che congiunga le zone più belle della regione, come la Valle d’Itria, con i suoi trulli, e il Salento, col suo mare. Bisognerebbe proprio inventarla. Se non fosse che esiste già: le Ferrovie del Sud-Est".

"La nave si muove, punta la prua verso la Baia di Corcovado. Tra poco sarà notte e sono contento di avere abbastanza sigarette, la borraccia piena di vigoroso vino pipeno e lo stato d’animo giusto per far tesoro sul taccuino di tutto quello che vedo". Luis Sepulveda – Patagonia Express (Guanda)

19 agosto. È l’ora di pranzo. Il termometro all’esterno della Stazione Ferroviaria di Taranto segna 38°. Fa caldo e la birra gelata dell’elegante bar della stazione non riesce a placare la mia arsura.

Sono sull’assolato binario 2 del tronco est. Sto aspettando il mio treno delle Ferrovie del Sud Est per Martina Franca. Il treno arriva. È rosso, nuovo fiammante e soprattutto molto ma molto ben climatizzato. È la salvezza! Mi accomodo a bordo del convoglio pulito e profumato e mentre attendo la partenza rileggo le pagine del libro che mi ha guidato fino a qui: Sud Est. Vagabondaggi estivi di un settentrionale in Puglia di Marco Brando (edito dalla Palomar).

"Che cosa servirebbe nel XXI secolo per rilanciare o promuovere il turismo in Puglia? Chiaro: una ferrovia, con relativi treni, che congiunga le zone più belle della regione, come la Valle d’Itria, con i suoi trulli, e il Salento, col suo mare. Bisognerebbe proprio inventarla. Se non fosse che esiste già: le Ferrovie del Sud-Est in Puglia sono all’opera ufficialmente dal 1932, quando fu costituita la società; e alcune tratte esistono addirittura dal 1861".

È dal 2006, anno di pubblicazione, che leggo e rileggo questo libro che molto umilmente suggerisco a chiunque voglia viaggiare la Puglia. Finalmente sono in partenza per la Valle d’Itria a bordo di un magico treno delle Sud Est.

Subito qualche coordinata. L’azienda gestisce 473 km di strada ferrata ma anche una serie di interessanti linee di autobus. Il sito web della società è stato da poco rinnovato ed è veramente molto chiaro, dotato pure di un infallibile motore di ricerca.

Non voglio tediarvi con i particolari tecnici di questa grandiosa ferrovia secondaria pugliese. Vi basti sapere che da Gagliano del Capo (LE), vicinissima a Santa Maria di Leuca, estremo meridionale della penisola salentina, è possibile salire fino a Lecce che è collegata con Taranto e con Bari. 85 sono i comuni uniti di vari rami ferroviari della Sud-Est e quasi sempre le stazioni si trovano in pieno centro città. Stiamo parlando di paesi che solo a nominarli viene voglia di partire: Otranto, Manduria, Francavilla Fontana, Cisternino, Martina Franca, Locorotondo, Alberobello, Castellana Grotte ecc.

Il biglietto l’ho comprato all’edicola della stazione ferroviaria di Taranto dove i treni delle Sud-Est fanno capolinea. L’azienda ha investito sul materiale rotabile ma non solo. Ingenti sono gli investimenti per l’ammodernamento delle linee e il rinnovo delle stazioni. Andando da Taranto a Martina Franca e poi proseguendo fino a Bari Centrale, ho avuto modo di verificare sia l’avanzato stato dei lavori che la qualità dei medesimi. Nulla mi sembra lasciato al caso.

Lode all’architetto o all’ingegnere che, anziché disegnare, come barriere per delimitare la linea nell’attraversamento dei centri abitati e/o nei punti pericolosi, orridi muri di contenimento in cemento armato, ha previsto delle strutture in legno riempite di grossi sassi bianchi. Queste strutture di contenimento si sposano bene con il paesaggio circostante e soprattutto non possono essere indecentemente graffitate dall’imbecille di turno.

Le tariffe delle corse sono abbordabili. Il biglietto Taranto – Martina Franca è uno di fascia 35 Km e costa 2.10 euro. Martina F. – Bari, biglietto di fascia 80 Km è costato 4.60 euro.

Bene, il mio freschissimo treno lascia puntualmente la stazione di Taranto. È un treno silenziosissimo e mi dona subito una bella veduta sul famoso golfo. Poi la linea inizia la sua salita verso la Valle d’Itria correndo nel mezzo di una bella ed ordinatissima campagna coltivata. Fuori dal finestrino una terra scura e generosa, muretti a secco, uliveti, vigne, alberi, alberi, alberi. Tanti pini mediterranei e tanti eucalipti. Rocce brulle e poi i primi trulli, quindi asini al pascolo.

La stazione di San Paolo e poi la linea corre nel bel mezzo di una corta ma imponente rupe dove, a suo tempo, fu creato un varco con dinamite, piccone e tanta fatica di scariolanti e badilanti. Passare a bassa velocità al centro di questa roccia, avendo alte pareti di pietra bianca a destra e a sinistra è un’esperienza estraniante che ti proietta in un’altra dimensione. Ci si ritrova in un paesaggio pedemontano e la cosa che più colpisce sono i boschi di pini, che di certo non ti aspetti. Sullo sfondo, belle masserie restaurate ed ancora atte alla loro funzione. Taranto – Martina Franca prende 40 minuti, ma quando arrivo alla stazione di Martina vorrei subito tornare indietro per ripercorrere questi 35 magnifici chilometri di paesaggio italiano.

La stazione è ordinata e presidiata. La biglietteria è regolarmente aperta. Tutti gli impiegati indossano la divisa estiva. Esco dalla stazione. A guidarmi ho le belle pagine del Pellegrino in Puglia di Cesare Brandi. Brandi nel raccontarci Martina è insuperabile. Leggetelo!

Martina sorge a 431 m.s.l.m. in posizione dominante sulla valle d’Itria della quale è il centro più grande. Fuori della Stazione c’è un minibus della Miccolis che per 70 centesimi mi fa fare un bel giro e mi deposita in centro. In realtà la stazione dista pochi minuti dal centro storico ma la strada è in salita.

Come faccio a raccontarvi l’estasi che si prova nel varcare la Porta di Santo Stefano e nel ritrovarsi, dopo pochi passi, di fronte alla Basilica di San Martino, perla del barocco martinese, fiancheggiata dalla Torre dell’orologio in Piazza Plebiscito? Appena fuori dalle mura cittadine, verso nord si scorge un altro borgo importante della valle: Locorotondo.

A Martina si respira un’aria d’altri tempi ed io non vorrei lasciarla ma il treno mi chiama.

La strada ferrata scende a fondovalle e poi risale fino ai 410 m.s.l.m. di Locorotondo che viene costeggiata dalla linea prima di arrivare in stazione. Fuori dal finestrino continua la magia di una campagna ben coltivata. Arriviamo ad Alberobello e viene voglia di scendere per girare l’abitato. Poi, in sequenza: Noci, Putignano, Castellana Grotte, Conversano, Rutigliano, Triggiano, Mungivacca. Quindi il treno entra nella stazione di Bari Sud-Est dove vicino alle strutture ferroviarie c’è una locomotiva a vapore a far bella mostra di sé. Bari Centrale è il capolinea. Il treno delle Sud-Est arriva al binario numero 5, ad essa dedicato, nella stazione centrale di Trenitalia.

Martina Franca – Bari Centrale sono 90 minuti di gioia pura.

Ferrovie del Sud-Est: un eccelso biglietto da visita di una grande regione!

lunedì 24 gennaio 2011

La estación de Delicias: el largo sueño de los viejos trenes

DATE: 21/01/2011
AUTHOR: Elena Viñas

Vinculado a despedidas y a esperados recibimientos, las historias personales y colectivas de los viajeros del ferrocarril han envuelto a este transporte en un halo de romanticismo que, aún hoy, perdura. La estación de Delicias en Madrid es uno de esos lugares en los que el tiempo se ha detenido en locomotoras y coches que emanan vivencias y sentimentalismo.

Las locomotoras han gozado del privilegio de viajar por todo el mundo a la cabeza de trenes de pasajeros, alimentos o materiales. Las historias y vivencias de muchas de ellas son significativas. Sirvan de ejemplo las que trasladaron desde las provincias a la capital a los intelectuales de la Generación del 98, la que transportó a la División Azul al frente ruso en la II Guerra Mundial o a los novelistas y poetas de la Generación del 27 rumbo al exilio.

La estación de Delicias de Madrid, sede del Museo del Ferrocarril, es uno de esos lugares en los que el visitante siente que el tiempo se ha parado. El diseño de su estructura metálica, que se debe al ingeniero francés Emile Cacheliévre, se conserva como en 1880, cuando fue inaugurada por Alfonso XII. La amplitud de su interior, el frío intenso que despiden sus muros y el fuerte olor de las locomotoras y coches de viajeros que alberga despiertan nostalgia y curiosidad a partes iguales.

La disposición de las piezas expuestas, sobre raíles, invita a imaginárselas en marcha o a visualizar a viajeros que descienden de ellas mientras sus familiares, parejas o conocidos aguardan el momento de verlos. A juicio de Francisco Polo, jefe de investigación histórica de este museo, no hay duda de que esta estación “tiene mucho que contar”.

Del vapor a la electricidad
El recorrido que propone este museo por la estación, la primera en Madrid que fue erigida con carácter monumental y con vocación de tráfico internacional, arranca con un paseo en paralelo a las locomotoras de vapor, cuyo tamaño, funcionamiento y diseño, algunas de vivos colores, apabullan. La más antigua data de 1863 y las más moderna, de 1950, fecha en la que dejaron de fabricarse en España.

Origen y destino de la vía Madrid-Lisboa, por la estación de Delicias pasaron muchos tipos de ferrocarriles. Sin embargo, no siempre fueron de factoría española. Polo afirma que “la mayoría de locomotoras hoy expuestas son de origen inglés, belga o francés, ya que en España esta industria no se desarrolló hasta los años 20”. No sólo las hay de vapor. A éstas le acompaña una muestra de máquinas eléctricas, de las que se conmemora este año el centenario de su llegada a España.

Más tarde, con el estallido de la Guerra Civil, el tráfico quedó bloqueado. Polo lo explica: “Durante los años de la contienda, la cercanía de los frentes de guerra obligaron a mantener la estación prácticamente sin operación, aunque parte de la circulación continuó operando gracias a enlaces ferroviarios”.

'La Merilyn' y el progreso
Durante la posguerra y hasta que España salió de la autarquía, “la estación de Delicias quedó en un fondo de saco”, dice Polo. Fue entre los años 60 y 70 cuando Renfe la incluyó en sus planes de modernización, que contemplaban transformarla en un museo, inaugurado en 1984.

La ayuda que había recibido España por parte de Estados Unidos para combatir la pobreza del país también se dejó notar en la industria ferroviaria. Así, por ejemplo, este museo conserva una de las locomotoras que los estadounidenses nos hicieron llegar en los años 50, apodada 'la Merilyn'.

Pero, ¿por qué ese nombre? Polo tiene la respuesta: “Era muy habitual que estas piezas tuvieran apodos”. En el caso de 'la Merilyn', “se la llamó así porque cuando llegó era de color blanco y a los maquinistas les recordaba al vestido blanco de Marilyn Monroe en La tentación vive arriba, además de porque cuando tomaba las curvas se contoneaba como ella”, explica este experto. Otros sobrenombres de locomotoras fueron “cocodrilo”, por su forma antropomorfa, y “bañera”, por su morro redondeado y sus caras laterales rectas.

Hogares sobre ruedas
El paseo por esta historia del ferrocarril se completa con una selección representativa de coches de viajeros. Polo destaca de todos ellos los coches-salón, utilizados en el siglo XIX, de gran lujo, con baño y habitación y en los que no faltaba una trabajada tapicería y una engalanada decoración. Difieren de ellos los coches de tercera, con asientos de madera sin calefacción ni comodidades. Un modelo que fue superado con la llegada del Talgo en los años 50, de patente española y cuya ligereza e interiorismo, similar al que lucen los ferrocarriles hoy en día, cambió el modo de viajar.

En plena transformación es como se encuentra ahora el Museo del Ferrocarril, después de que en julio del año pasado cambiara su dirección. Polo afirma que esta institución está viviendo “un plan de reordenación de la colección que contempla la prestación de nuevos servicios, como la inauguración de una biblioteca”.

Sin embargo, la falta de espacio continúa siendo un gran impedimento para las aspiraciones de este tipo de museos. El volumen de las piezas expuestas supone una limitación y obliga a ubicar los excedentes en los alrededores, como ocurre en Delicias, a la espera de que sirvan para otros ferrocarriles o bien para ser restauradas, una tarea en la que pone empeño esta institución, pero que requiere de tiempo y esfuerzo humano, dado que no basta con engalanarlas, también hay que hacerlas funcionar, a la espera de que la imaginación haga el resto.

El museo: abierto de martes a domingo de 10:00 a 15:00 horas. Precio: 5 euros
El Tren de la Fresa: presta servicio en mayo, junio, septiembre y octubre. Precio: 26 euros/adultos y 18 euros/niños. Sale desde el Museo del Ferrocarril.

venerdì 14 gennaio 2011

Per la sceicca un treno espresso da 100 mila euro

FROM: La Stampa
DATE: 14/01/2011
AUTHOR: Fabio Poletti

Da Ginevra a Milano a fare shopping. Ha affittato un convoglio da Mille e una notte

MILANO
Esotico quanto «Le mille e una notte» ma più chic di un tradizionale tappeto volante. Pure gli sceicchi - e figuriamoci le sceicche - si sono fatti moderni. Se nel deserto ci vanno in lussuose limousine altro che vetusti cammelli, a Milano per un raid nel Quadrilatero della moda a suon di vagonate di profumati petrodollari, ci vengono in treno. Vabbe’, ovviamente c’è treno e treno che neppure quelli sono tutti uguali. La sceicca saudita arrivata domenica al binario sei - c’è pure chi giura che la mescolanza coi viaggiatori qualsiasi le abbia dato leggermente sui nervi - e poi ripartita ieri pomeriggio alle 14 e 20 per Ginevra dal più defilato binario tre, un treno intero con tanto di carrozza blu nello stile Belle epoque se lo è noleggiato.

«Non posso dire come si chiama madame...», sorride gentile René Bubendorf, svizzero di Basilea, impettito in livrea e guanti bianchi come un maggiordomo dei tempi andati. Uno così entusiasta dei trenini, che se ne è comperati addirittura tre. Poi ha messo in piedi la società Prestige Continental Express e per una «modica» cifra da concordare vi scorrazza dove volete, basta che ci siano almeno un paio di binari. «L’affitto per un giorno costa più o meno cinquantamila euro, dipende dagli extra», sventaglia la tariffa per un viaggio, un anniversario, un galà alla moda dell’Orient Express. Che il suo lussuoso Salon blu con tanto di predellino istoriato per non stendere troppo la gambetta, sia stato usato dalla sciccosa mediorientale più o meno come una Punto presa in affitto alla Hertz, sembra non avergli dato fastidio. O se glielo ha dato, di sicuro non lo fa vedere per cinquantamila buone ragioni. Cinquantamila all’andata e altrettante al ritorno, biglietto interissimo si capisce.

Ottanta comodi posti a sedere, che diventano comodissimi per la sceicca con seguito che non arriva a venti persone tra segretari, portaborsette, dame di compagnia, manca solo lo sceicco. La cena viene servita a lume di abat-jour. Attorno al tavolo morbide poltrone in velluto arabescato, fiori freschi sulla tovaglia di lino di Fiandre. A parte il bel René, a completare il servizio ci sono tre cameriere tre, tutte per la sceicca e i suoi accompagnatori, compreso un body guard che fa il nervoso di professione quando vede la macchina fotografica. Il menù non è noto, ma solo immaginato. Più facile che sia stata servita una lunghisima merenda invece di una cena placé, visto che da qui a Ginevra ci sono sei ore di treno compresa la sosta tecnica a Domodossola per il controllo passaporti e il cambio della locomotiva da italiana a svizzera. Magari solo un gustoso spuntino prima che alle venti e venti la scenografica sceicca sbarchi a Ginevra con armi e bagagli, soprattutto bagagli. Che in quattro giorni di shopping bulimico deve essersi fatta mancare niente di tutto, altro che plebei saldi di stagione, all discount.

C’è chi giura in questi giorni di averla vista - modesto foulard azzurro, ordinario pastrano nero, scarpe con comodo tacco, borsetta a carico di una massiccia reggiborsetta, ecco il vero status symbol di questa anonima donnina targata Arabia Saudita - saltare qua e là davanti alle luccicanti vetrine nel Quadrilatero della moda. Dalle griffe più prestigiose arrivano ovviamente zero conferme. Ma si sa che se il silenzio è d’oro, una danarosa sceicca di oro ne vale un vagone di nome e di fatto. Qualcuno l’ha pure vista con il suo seguito davanti al Grand Hotel et De Milan, cinque stelle lusso dove morì Giuseppe Verdi e dove adesso alloggiano danarosi italiani, magnati russi, tycoon cinesi, uomini d’affari indiani e ovviamente sciccose sceicche. «Ma noi non possiamo dare informazioni sulla clientela, sa c’è la privacy...», miagola scandalizzata nella cornetta, l’addetta al ricevimento nell’ascoltare la richiesta indecente di avere uno straccio di nome della sceicca arrivata dall’Arabia Saudita via Ginevra.

Di lei rimangono allora solo un paio di scatti rubati con perizia, uno sguardo distratto ai curiosi in stazione di fronte alla processione verso il binario tre, l’ipotesi più che scontata di un itinerario che sta tutto in un paio di isolati, vetrina più, vetrina meno. Dal Grand Hotel a via Montenapoleone ci sono giusto le zebre nel senso del passaggio pedonale da attraversare. Da via Montenapoleone a via della Spiga c’è un angolo. Da via della Spiga a via del Gesù c’è meno di niente. In tutto fa nemmeno un chilometro, con la sceicca che ci ha messo quasi quattro giorni a percorrerlo tutto, passando lentamente da manichino a manichino, da vassoio di velluto per gioielli ad un altro, riempiendo dozzine di shopping bag griffate e stressando almeno due dozzine di commesse per la gioia delle maison dove tintinnavano i registratori di cassa che facevano il pieno di petrodollari.

martedì 11 gennaio 2011

On Train, a Fight Between Silent and Merely Quiet

DATE: 09/01/2011
AUTHOR: Vincent M. Mallozzi

MATAWAN, N.J. — Last Monday morning, Robert Arbeeny and two friends boarded a train bound for Manhattan and began chatting about the holidays.

“Excuse me,” said the woman sitting across from them, raising her reading glasses, and then her voice. “This is the quiet car.”

Mr. Arbeeny apologized and began whispering, which caused further agitation. The woman put down her book and summoned a conductor.

“They are not supposed to be talking,” she said, wagging her index finger at the group.
The conductor tried stepping quietly between both parties.

“They do have a right to talk,” he said in a soft voice, “they just have to speak in a very quiet manner.”

As other passengers began looking on, the woman shot back: “What kind of sense does that make! Why would you allow them to have a sustained conversation in a quiet car, and why are you taking their side over mine!”

Similar scenes have been playing out since last Monday, when New Jersey Transitexpanded its so-called quiet commute program — with the first and last cars designated as quiet during weekday peak-hour trains — on many of its highly traveled lines.

As a result, a yearning for quiet has sparked an inevitable war of very loud words. The quiet cars have now become some of the noisiest, as passengers trying to read or sleep are constantly hushing and shushing others.

Caught in the cross-fire are the conductors, who are acting as referees, trying to explain the new rules to passengers on both sides of the “quiet” platform. All conductors have been told to issue business cards to noisy passengers in much the same way that soccer referees issue yellow or red conduct cards to unruly players. The cards show a hand with an extended index finger placed over a pair of bright red lips, with the words “Quiet Commute” written underneath.

The rules for the quiet cars ask riders to refrain from cellphone use, disable the sound on laptops and other devices, and maintain low volume on headphones.

New Jersey Transit’s literature concerning the quiet cars, which has been available on trains for the past week, states that “conversations should be conducted in subdued voices,” but many riders are demanding complete silence.

“I think the whole concept of quiet cars is ridiculous,” said Mr. Arbeeny, 44, of Manalapan, N.J. “People are going to talk, it’s human nature. Many passengers, like the woman who told me to be quiet, are misinterpreting the new rules, and it is having the reverse effect in the quiet cars, creating tension instead of quiet.”

Patrick F. Reilly, the chairman of the United Transportation Union Local 60, which represents New Jersey Transit’s conductors, said Wednesday that the sounds of angry silence in the quiet cars would surely dissipate as passengers settled into more chat-free routines.

“Like anything else that’s new, this will take some time to get used to,” Mr. Reilly said. “Give it some time.”

By Thursday, that time had not yet arrived.

Annemarie Whitney, a 30-year-old accountant from Manalapan who works in Brooklyn, was sitting in a quiet car watching as fellow passengers angrily stared down a man talking on his cellphone. A nearby conductor who was made aware of the situation by several passengers reached into his pocket for a quiet card, but the man hung up before it could be delivered.

“Cellphones are one thing, but people are getting the wrong impression about these cars,” Ms. Whitney said. “They are quiet cars, not silent cars. Subdued and silent are two different words, and as long as there are misconceptions out here, there are going to be disputes.”

And bizarre requests.

On Friday, one passenger asked a conductor if he could disable the automated announcements, which inform riders of impending stops, as well as the conductor’s work radio, which he needed to stay in contact with the train’s engineer. “It’s unnecessary noise,” the passenger said.

The conductor gave the passenger the silent treatment, moving away from him and whispering to no one in particular, “Why don’t I just get this guy a pair of pajamas and a pillow.”

Dan Stessel, a spokesman for New Jersey Transit, said that he had not received any customer complaints and that “the overall response across the board, as it relates to quiet commuting, has been overwhelmingly positive.”

Quiet cars were introduced in September as part of a three-month pilot program on 29 express trains running between Trenton and Manhattan. (Amtrak began using quiet cars in 1999.) The quiet cars are now on all New Jersey Transit weekday trains arriving in New York between 6 and 10 a.m. and departing New York between 4 and 8 p.m.

“Many people have had the same commuting patterns for years, and this does require some adaptation on their part in terms of behavior and possibly shifting around to other areas of the train,” Mr. Stessel added. “Two weeks after we started this project in September, everybody was with the program.”

Steven Heite, a 48-year-old brokerage professional from Matawan who works in Manhattan and occasionally rides in the quiet cars, said New Jersey Transit should not have the authority to dictate such behavior.

“Legislating behavior policy to people who pay monthly ticket fees and often deal with train delays is not a very good idea,” Mr. Heite said. “These are not rowdy train-riders returning from ballgames, but hard-working professionals trying to earn a living.

“That being said,” he added, “if a particular car is too loud or intrusive, you can always move to another car.”

domenica 2 gennaio 2011

Swiss trains are victim of own success

FROM: Swissinfo
DATE: 02/01/2011
AUTHOR: Luigi Jorio

Despite the excellent reputation of Swiss public transport, rush-hour overcrowding may lead the authorities to make tough decisions that will not be popular.

Raising the ticket price during peak hours is one of the solutions on the table, while another is an expansion of services offered by the Swiss Federal Railways.

A typical day begins badly for many commuters. Seats are often only available for people who are lucky enough to get on the train at the first station.

And in the biggest Swiss cities, like Zurich and Geneva, the trams can be so crowded that it’s even considered a privilege to get inside the door, instead of having to wait for the next one to come along.

Half of the 900,000 customers who take Swiss trains every day do so during morning and evening rush hour, according to Alessandro Malfanti, spokesman for the Federal Railways.

“By 2030, demand will increase by 50 per cent, and by 100 per cent in the urban centres around Zurich and along the Lake Geneva corridor,” Malfanti said.

However, public transport expert Ulrich Weidmann says overcrowding at rush hour is nothing new in Switzerland.

“What’s new is the increase in commuters travelling long distances, such as between Zurich and Bern [125km] and Geneva and Lausanne [63km],” the professor at Zurich’s Federal Institute of Technology (ETHZ) told swissinfo.ch.

Lifestyle
This change in lifestyle, Weidmann added, is a consequence of the introduction of significant reforms as part of the Rail 2000 project, which has led to more frequent and better connections between towns and cities.

The Public Transport Association is looking at various solutions to resolve the problem. The umbrella group, which includes the Federal Railways as its largest member, is considering granting retired people discounts for journeys starting after 9am or revising the entire public transport tariff system.

The latter is being investigated by a research team at St Gallen University. The experts are not excluding higher prices in general for rush hour trains. But the team’s Christian Lässer says this rise would be less for regular commuters than for occasional travellers.

While the findings of the university study will not be published until later in 2011, in an interview with the Le Matin newspaper, Lässer made his disapproval clear of people travelling unnecessarily during rush hour.

This same goes for Weidmann, pointing to pensioners in particular. “We shouldn’t only blame them – everyone has the right to travel. And how do you decide which journey is important and which is not? Many pensioners must, for example, go to the doctors [at a pre-determined time].

No choice
Weidmann does not think it is possible to influence the demand or encourage people to use the train at less busier times of the day. “In Zurich, people work fixed hours. They don’t have a choice,” he said.

He says the solution lies at the technical and operational level. “We need to be able to change the services offered by the railways and increase train frequency and passenger capacity on the busiest lines,” Weidmann said.

However he adds that it will not be easy implementing such changes in the current system since the timetable introduced as part of Rail 2000 integrates all rail and bus services across the country.

“The result is a very rigid and interconnected system in which it is difficult to make specific changes such as increasing the frequency of trains at certain times of the day or on well-defined routes.”

Malfanti of the Federal Railways says political considerations must also be taken into account when discussing how to cope with passenger increases, since the Federal Railways are state owned.

It is parliament which decides on financing of rail infrastructure. The railways spokesman says this will be “one of the biggest challenges facing Switzerland in the years to come”.

The discussion on the future of public transport will focus on the price of train tickets and rail passes. According to the experts, prices are too low.

“They could be at least 15 per cent higher,” Weidmann believes, concluding that such a move would not risk alienating rail passengers.

“Only a minority of them would choose to commute by car instead since parking is a problem in urban centres and trains are the fastest means of travelling between cities.”

Luigi Jorio, swissinfo.ch
(Adapted from Italian by Dale Bechtel)